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Dieci canzoni per me posson bastare

Dieci canzoni per me posson bastare

Tutti pronti ad ascoltare le 26 canzoni in gara, potremmo far notte. Nel rituale sempre uguale a se stesso la variante è l’assenza. 

Teatro Ariston vuoto, controlli serrati, per uno spettacolo, Sanremo, che alla sua settantunesima edizione è riservato al solo pubblico a casa. Quello stanco di porte serrate, di incontri mancati, quello che tutto sopporta. Comodamente spoltronati sul divano di casa, telecomando in mano per regolare il volume, pronti ad ascoltare, memorizzare e perché no, fischiettare sotto la doccia l’indomani.

Ed a Sanremo di belle canzoni ne son passate tante in questi anni, a volte han vinto, altre pur non essendosi piazzate sono rimaste patrimonio collettivo come Vita spericolata. “Voglio una vita che non è mai tardi, di quelle che non dormi mai, voglio una vita, la voglio piena di guai”, cantava Vasco Rossi al Festival nel 1983, penultimo posto ma chi se ne frega se hai una vita alla Steve McQueen. 

Lucio Dalla partecipò nel 1971 e nel 1972, terzo e ottavo posto per due capolavori indiscussi, 4/3/1943 e Piazza Grande. Il primo, il cui titolo Gesùbambino venne censurato, narra la storia di una ragazza madre, “così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto con l’unico vestito, ogni giorno più corto, e benché non sapesse il nome e neppure il paese m’aspettò come un dono d’amore, fino dal primo mese”. Il secondo è una struggente poesia “Lenzuola bianche per coprirci non ne ho sotto le stelle in Piazza Grande, e se la vita non ha sogni io li ho e teli do”. Nel 1970 vince Adriano Celentano con Chi non lavora non fa l’amore, e l’Italia delle fabbriche e delle tute blu canta in coro di quel pugno in faccia che gli arrivò.

Solo un misero nono posto nel 1989, per Mia Martini che canta struggente con tutta la forza della sua voce inarrivabile “Tu, tu che sei diverso almeno tu nell’universo. Un punto sei, che non ruota mai intorno a me un sole che splende per me soltanto come un diamante in mezzo al cuore”, Almeno tu nell’universo.

Nel 2001 vince il festival Elisa con la canzone Luce (Tramonti a nord-est) prima volta in lingua italiana per la cantautrice friuliana che conquista anche il pubblico “Siamo nella stessa lacrima, come un sole e una stella luce che cade dagli occhi. Sui tramonti della mia terra su nuovi giorni”.

Nel blu dipinto di blu, di Domenico Modugno, vince l’edizione del 1958 del festival. “Penso che un sogno così non ritorni mai più mi dipingevo le mani e la faccia di blu poi d’improvviso venivo dal vento rapito e incominciavo a volare nel cielo infinito. Volare, oh oh”. Volare, ed è subito Italia.

E chi non ricorda Per Elisa di Alice, vincitrice nel 1981. E non importa chi sia Elisa, la rabbia è sentimento comune. “Vivere, vivere, vivere non è più vivere”.

Lucio Battisti ha partecipato una sola volta al festival di Sanremo, nel 1969 con Un’avventura. Nono posto e grande successo. “Non sarà un’avventura, questo amore è fatto solo di poesia. Tu sei mia tu sei mia fino a quando gli occhi miei avran luce per guardare gli occhi tuoi”.

Salirò salirò tra le rose di questo giardino. Salirò salirò fino a quando sarò solamente un punto lontano”, è la prima strofa della canzone Salirò di Daniele Silvestri, quattordicesimo posto nel Festival del 2002. Capolavoro di simpatia.

Canzoni che hanno fatto la storia, ognuna a modo suo.  Come Ciao amore ciao di Luigi Tenco, struggente brano, escluso dalla finale del 1967. 

Tenco canta “E poi mille strade grigie come il fumo, in un mondo di luci sentirsi nessuno. Saltare cent'anni in un giorno solo. Dai carri dei campi agli aerei nel cielo e  non capirci niente e aver voglia di tornare da te”, non lo capiscono e lui vola via.

Ciao Sanremo ciao.

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